Qualche settimana fa era stata avanzata l’ipotesi da parte di due medici torinesi che la carenza di vitamina D potesse causare un decorso più complicato nell’infezione da COVID-19. Ora, un articolo in fase preprint, cioè in attesa di pubblicazione, conferma con dati oggettivi questa ipotesi. La ricerca è stata condotta da un team di scienziati della Northwestern University (Daneshkhah et al, 2020).
Gli scienziati si sono chiesti come mai in alcuni casi il virus si dimostra più aggressivo. Spiegazioni come età, regione o sistema di cura non sono state considerate valide in quanto si sono osservati decorsi differenti in persone con la stessa età o maggiori complicazioni in seguito all’infezione anche in zone con un sistema sanitario molto efficiente. Invece, è stato notato che il fattore che accomuna i casi più gravi è la carenza di vitamina D. In particolare, sembra che una carenza di vitamina D sia connessa a quella che viene chiamata tempesta citochinica. Cosa significa questo? Il nuovo coronavirus, quando entra nel corpo attraverso le prime vie aeree, può venire bloccato dal sistema immunitario. Se questo non accade, il virus prosegue e raggiunge i polmoni. Ma i dottori hanno osservato che non sono tanto i danni che il virus può causare nei polmoni a determinare conseguenze gravi quanto quella che viene chiamata la tempesta citochinica. Il corpo reagisce in ritardo al virus che ha aggredito i polmoni scatenando una reazione infiammatoria incontrollata. È questa risposta immunitaria esagerata, la tempesta citochinica appunto, a causare gravi danni ai polmoni e una sindrome respiratoria acuta, il vero motivo delle complicazioni. Ebbene, un adeguato livello di vitamina D sembra scongiurare questo lavoro eccessivo del sistema immunitario. Questa spiegazione trova anche conferma nell’osservazione che i bambini sembrano meno aggrediti dal nuovo coronavirus. Nei bambini, infatti, il sistema immunitario cosiddetto acquisito, che è quello che scatena la tempesta citochinica, non è ancora sviluppato mentre prevale quello innato, e cioè la prima linea di difesa, quella che entra subito in campo in presenza di un’infezione.
Come affermato dai medici, tuttavia, questo non significa che ora si debba tutti ricorrere a integratori di vitamina D in quanto potrebbero verificarsi effetti collaterali. Occorre sempre rivolgersi al proprio dottore per valutare la singola situazione e ricordarsi che fonti naturali di vitamina D sono il sole, evitando di prenderlo però nelle ore intorno a mezzogiorno, e alcuni cibi, come le uova, i formaggi, i funghi, come per esempio gli shiitake, o il pesce, come le alici o lo sgombro.