Che legame c’è tra vitamina D e rischio di infezione da nuovo coronavirus? Negli ultimi mesi diversi scienziati hanno cercato di far luce su questo aspetto e quello che è emerso, fino ad oggi, è che la vitamina D ha in effetti un ruolo protettivo rendendo il virus meno aggressivo nel corpo ospite. A conferma di questo possiamo citare la recentissima ricerca di un team della University of Chicago pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA (Meltzer et al, JAMA, Sep 2020). In questo articolo, gli studiosi si spingono oltre e ipotizzano, grazie al ruolo giocato dalla vitamina D, una riduzione nel rischio di essere testati positivi al nuovo coronavirus ma anche una possibile riduzione della trasmissibilità del virus.
Gli scienziati dell’Università di Chicago hanno analizzato i dati di 489 pazienti che, nell’ultimo anno prima di essere sottoposti al test per il COVID, si erano anche sottoposti ad analisi per valutare i livelli di vitamina D. Tutti i partecipanti allo studio erano quindi stati testati, nel periodo tra marzo e aprile 2020, anche allo scopo di valutare un’eventuale positività al nuovo coronavirus. Comparando i risultati, quello che è emerso è che chi presentava una carenza di vitamina D, ritenuta tale per valori di vitamina D inferiori a 20 nanogrammi per ml, e non si era sottoposto a nessun tipo di trattamento per ristabilire i valori presentava un rischio quasi due volte maggiore di risultare positivo al test per COVID rispetto a chi invece aveva valori di vitamina D nella norma. Non solo, i ricercatori non hanno osservato differenze significative di rischio tra chi aveva sempre avuto adeguati livelli di vitamina D e chi invece, al momento dell’analisi, presentava una carenza di questa vitamina ma era poi corso ai ripari con integratori, assunti sempre sotto controllo medico, e dieta in modo da ristabilire adeguati valori di vitamina D (fonti di vitamina D, lo ricordiamo, oltre ai raggi del sole sono anche i funghi, i formaggi, alcuni pesci come le alici e gli sgombri e infine le uova).
Come spiegato nell’articolo, la vitamina D rinforza il sistema immunitario innato, che è la nostra prima linea di difesa e quella che impedisce al virus di proseguire fino ai polmoni. Non solo, la vitamina D influenza anche il metabolismo dello zinco, che contribuisce ad inibire la replicazione virale. Pertanto, la vitamina D promuove l’eliminazione del virus dal corpo, riduce la risposta infiammatoria che produce sintomi e potrebbe anche ridurre la trasmissibilità del virus. Ecco la probabile spiegazione per cui le persone con adeguati livelli di vitamina D presentavano anche un rischio inferiore di essere testati positivi al COVID, è possibile che, in caso di infezione, il loro corpo lo avesse già debellato.
Tuttavia, come sottolineato dagli stessi ricercatori, anche se queste osservazioni sono molto promettenti, soprattutto in vista di futuri trattamenti contro il virus, altri studi dovranno seguire in quanto, al momento, ancora non è stato possibile dimostrare l’azione diretta della vitamina D sul nuovo coronavirus e l’esatto meccanismo.