Patatine fritte e altri alimenti fritti sono considerati un comfort food, cibi cioè capaci di portare tranquillità e consolazione quando più ci si sente ansiosi. La verità, però, è proprio l'opposto. Infatti, più che portare consolazione, sembra che gli alimenti fritti, e soprattutto le patatine fritte, possano aumentare il rischio di sviluppare ansia e depressione. Questo è quanto risulta da uno studio molto recente pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS da un team della St. Louis School of Medicine presso la Washington University (Wang et al, PNAS, March 2023).
Le patatine fritte aumentano l'ansia, lo studio
I ricercatori hanno reclutato 140 728 persone di cui erano note le abitudini alimentari e lo stato emotivo. Dal confronto dei dati è emerso che coloro che consumano regolarmente alimenti fritti hanno un aumento del 12% del rischio di sviluppare ansia e del 7% del rischio di sviluppare depressione, rispetto a chi consuma questi alimenti con minor frequenza. Tra tutti gli alimenti fritti, le patatine fritte sono state il cibo che risulta associato ad un aumento maggiore del rischio di sviluppare ansia e depressione.
Fritto, ansia e acrilammide, ecco la spiegazione
Ma come si spiega che chi consuma con maggior frequenza cibi fritti ha un rischio maggiore di sviluppare ansia e depressione? La risposta è da ricercarsi in un composto che si sviluppa negli alimenti che vengono fritti, l'acrilammide o acrilamide. L'acrilammide si forma spontaneamente in tutti gli alimenti contenenti amidi, come le patate o il pane, durante la cottura ad alte temperature, come appunto la frittura, ma anche la cottura in forno e alla griglia. Da studi precedenti si sa che l'acrilammide è una sostanza potenzialmente dannosa per l'organismo e che, a dosi elevate, è probabilmente un cancerogeno per l'uomo, anche se la certezza, allo stato attuale, ancora non c'è. Poi, almeno fino ad oggi, non era nota l'azione dell'acrilammide a livello cerebrale e sullo stato emotivo. Gli scienziati americani dello studio di cui parliamo oggi hanno testato l'azione dell'acrilammide su una popolazione di zebra fish, un pesce di acqua dolce usato come modello umano data la somiglianza genetica. È emerso che l'esposizione a elevati valori di acrilammide ha causato negli zebrafish un comportamento paragonabile all'ansia e alla depressione umane. I pesci, infatti, risultavano meno curiosi di esplorare l'ambiente e nuovi territori e riducevano la loro socialità. La spiegazione di quanto osservato è che l'acrilammide aumenta la neuroinfiammazione e altera il metabolismo lipidico cerebrale, condizioni che, a loro volta, modificano la funzionalità neuronale e aprono la strada ad ansia e depressione.
Ma un po' di fritto fa bene
Mangiare con regolarità alimenti fritti, e soprattutto patatine fritte, quindi può avere ripercussioni anche sul cervello, elevando la neuroinfiammazione e il rischio di sviluppare ansia e depressione. Tuttavia, il fritto non è da demonizzare e se consumato con moderazione e senza eccessi può sicuramente trovare posto in una dieta sana ed equilibrata. Infatti, come afferma il dottor Fausto Aufiero nel suo libro il Ruolo Nutrizionale e terapeutico degli alimenti, consumare ogni tanto alimenti fritti è di stimolo al lavoro del fegato e ai processi di disintossicazione. Con l'accorgimento però di evitare, o almeno limitare, l'uso dell'olio di girasole, di mais e di soia per friggere in quanto tendono ad alterarsi facilmente se esposti ad alte temperature. Mentre l'olio d'oliva non extra vergine e di semi di arachidi sono migliori da questo punto di vista in quanto più resistenti.