Settembre è il mese dell’uva, dolce e succosa. Ma l’uva è anche una miniera di antiossidanti, vitamine, sali minerali e, come testimoniato da una recente ricerca scientifica, anche sostanze antinfiammatorie. La ricerca è stata appena accettata dalla rivista British Journal of Nutrition, dove verrà pubblicata a breve (Sarkhosh-Khorasani et al, British Journal of Nutrition, Sep 2020).
L’infiammazione è il meccanismo di difesa del corpo, permette di far fronte alle aggressioni esterne, di contrastare batteri, virus o tossine. Si tratta quindi di un processo protettivo e benefico. Tuttavia, una volta svolto il suo compito, l’infiammazione deve passare. Questo a volte non succede e nel corpo rimane quella che si considera una condizione di infiammazione cronica che, a lungo andare, può causare problemi cardiovascolari, depressione, diabete o tumori. L’uva, grazie alla sua ricchezza in polifenoli, può contribuire a ridurre l’infiammazione cronica. In particolare, come emerge dalla ricerca in questione, l’uva agisce su un particolare indicatore dell’infiammazione, la proteina C reattiva. La proteina C reattiva è una proteina sintetizzata dal fegato durante l’infiammazione. Non solo, la proteina C reattiva è considerata uno dei marker più importanti per valutare il rischio cardiovascolare. Infatti, alti livelli di proteina C reattiva sono collegati ad un’elevata infiammazione vascolare e hanno un effetto diretto sulla salute del cuore, promuovendo possibili danni ai vasi sanguigni, l’arteriosclerosi ed eventi cardiovascolari (Cozlea et al, Curr Health Sci J, 2013). Ebbene, l’assunzione di uva e prodotti derivati, come uvetta e succhi, ma non vino, ha mostrato di ridurre in modo significativo i livelli di proteina C reattiva. Non solo, l’uva e prodotti derivati ha ridotto anche la pressione sanguigna e migliorato la funzione dell’endotelio, e cioè il rivestimento dei vasi sanguigni e del cuore. Questa azione benefica è risultata proporzionale alla quantità di polifenoli introdotti con il consumo di uva, uvetta e succhi e alla durata dell’assunzione di questi cibi, che dovrebbe essere almeno di 12 settimane.