La vitamina D sta assumendo sempre più un ruolo di centrale importanza quando si parla di salute, sia del corpo che del cervello. Questo è dimostrato da studi, anche molto recenti, che indicano nei livelli adeguati di questa vitamina un’arma contro il nuovo coronavirus ma anche un modo per rinforzare l’apparato muscolo scheletrico, supportare il corpo contro le infezioni e proteggere la memoria e le funzioni cognitive, anche in presenza di malattie neurodegenerative. È proprio quest’ultimo aspetto che è stato approfondito da una recentissima ricerca condotta dall’associazione Brain and Malnutrition in collaborazione con l’osservatorio Grana Padano.
I ricercatori hanno reclutato 500 persone, con un’età media di 70 anni e tutte affette dalla malattia di Parkinson. Ai partecipanti allo studio sono stati misurati i valori di vitamina D nel sangue. Quello che è emerso è che il 65,6% ha mostrato una carenza di vitamina D, sotto i 20 ng/ml, e il 26,6% livelli insufficienti di questa vitamina, tra 20 e 30 ng/ml, considerando che sono considerati normali valori compresi tra 30 e 100 ng/ml. Non solo, i casi con carenza accertata di vitamina D presentavano uno stadio più grave di malattia, sintomi più accentuati e funzioni cognitive compromesse. Altri studi dovranno seguire per fare più luce sul nesso tra vitamina D e salute del cervello, ma, intanto, come afferma la Dott.ssa Michela Barichella, presidente dell’Associazione Brain and malnutrition, è chiaro che questa vitamina non risulta benefica solo per le ossa e nella riduzione delle infezioni ma anche per quanto riguarda l’evoluzione delle malattie neurodegenerative.
Fonti di vitamina D sono il sole e alcuni alimenti come funghi, alici, sgombro, spigola e formaggi.