L'Alzheimer è una patologia neurodegenerativa per cui, allo stato attuale, non esistono cure ma solo trattamenti allo scopo di rallentarne la progressione. Il problema dell'Alzheimer è che fino ad oggi non erano ben definite le cause e quindi la possibilità di azione era limitata. Quanto osservato e studiato fino ad ora ha permesso di affermare che accumuli di placche di proteine beta amiloidi e tau a livello cerebrale è la caratteristica distintiva dell'Alzheimer ma cosa potesse causare effettivamente l'insorgere di questa malattia non era chiaro, almeno fino ad oggi.
La neuroinfiammazione, la miccia dell'Alzheimer
A suggerire ai ricercatori che fino ad oggi c'era un pezzo mancante nel puzzle della nostra conoscenza sull'Alzheimer è stata l'osservazione che possono essere presenti accumuli di placche di proteine beta amiloidi nel cervello di persone che poi non svilupperanno mai l'Alzheimer. Ebbene, una recentissima ricerca scientifica sembra aver fatto finalmente luce su questo aspetto, aprendo la strada a futuri trattamenti volti a prevenire e curare l'Alzheimer. Quello che i ricercatori dell'Università di Pittsburgh guidati dal dottor Pascoal hanno osservato e che si può leggere nell'articolo appena pubblicato sulla prestigiosa riviste Nature Medicine, è che la neuroinfiammazione, e cioè l'infiammazione che colpisce il cervello, è la vera miccia che può far esplodere la malattia (Pascoal et al, Nature Medicine, 2021). L'infiammazione cronica cerebrale da sola non è però sufficiente a scatenare l'Alzheimer. Occorre la simultanea presenza di accumuli di proteine beta amiloidi e la neuroinfiammazione, che stimola così un ulteriore accumulo di proteine beta amiloidi e di proteine tau, causando di fatto la malattia di Alzheimer. Quanto osservato apre la strada a trattamenti molto promettenti per questa malattia. In attesa però che scienza e medicina facciano ulteriori passi avanti, cosa è in nostro potere fare per contrastare la neuroinfiammazione? Un aiuto viene, anche in questo caso, dalla dieta.
Nutrienti contro la neuroinfiammazione
Particolarmente benefici per contrastare la neuroinfiammazione sono risultati gli acidi grassi omega 3, che puoi trovare nel pesce grasso, ma anche nei semi di chia e semi di lino (Devassy et al, Adv Nutr, 2016). Poi, alcune vitamine mostrano un'interessante azione volta a contrastare la neuroinfiammazione, come la vitamina C, contenuta negli agrumi, nei peperoni verdi e rossi, fragole, pomodori, broccoli, cavolini di Bruxelles e vegetali a foglia verde (Chambial et al, Indian J Clin Biochem, 2013). Questo collegamento è ancora più chiaro se si considera che bassi livelli di vitamina C sono stati osservati in persone affette da Alzheimer (Monacelli et al, Nutrients, 2017). Anche la vitamine B2, presente nel latte e latticini, uova, lievito di birra e vegetali a foglia verde, B6, che si trova nelle carni bianche, nel pesce, negli spinaci e nei legumi, B12, che è presente nella carne, nelle uova, latte e derivati, e folati, contenuti nei vegetali a foglia verde, legumi e uova, hanno mostrato di contribuire a ridurre il rilascio di sostanze pro infiammatorie, contrastando l'atrofia cerebrale e abbassando il rischio di sviluppare Alzheimer (Vasefi et al, J Alzheimer Dis Rep, 2019). Anche la vitamina D, che sintetizziamo quando prendiamo il sole ma contenuta anche in funghi, formaggi, uova e alcuni pesci come alici e sgombri, e la vitamina E, contenuta in noci, mandorle, semi, avocado, contrastano la neuroinfiammazione (Vasefi et al, J Alzheimer Dis Rep, 2019). Da non dimenticare poi gli antiossidanti, tra cui i polifenoli di verdura e frutta, in particolare i frutti di bosco come fragole, lamponi, mirtilli e more (Businaro et al, Curr Alzheimer Res, 2018).
Il microbiota
Anche un'alterazione del microbiota intestinale, che è l'insieme di batteri che popolano il nostro intestino, ha mostrato di amplificare la neuroinfiammazione e accelerare la neurodegenerazione (McGrattan et al, Curr Nutr Rep, 2019). Da qui l'importanza di assumere probiotici, sotto forma di integratori o yogurt che lo riportano chiaramente in etichetta, e prebiotici, contenuti nella cipolla, nell'aglio, nei porri, asparagi, miele, banana, pomodoro, segale e fagioli, per supportare i batteri buoni intestinali.
Curcuma
Capitolo a parte merita la curcuma. I principi attivi della curcuma, infatti, sono in grado di superare la barriera che c'è tra sangue e cervello e agire riducendo l'accumulo di placche beta amilodi e la neuroinfiammazione (Sinyor et al, J Alzheimers Dis Rep, 2020). Per fare in modo che i principi attivi della curcuma però vengano resi disponibili all'organismo, una buona scelta è associare la curcuma a un grasso, come l'olio evo, e al pepe. Quindi, mescolare un cucchiaino di curcuma in olio e aggiungere una macinata di pepe rappresenta un ottimo condimento, neuroprotettivo e antinfiammatorio, per l'insalata.
Il ruolo della dieta
Pertanto, come appare chiaro dai precedenti paragrafi, non si parla di un singolo alimento, ma di una sinergia di cibi che agiscono insieme per contrastare la neuroinfiammazione con un'azione ancora più potente dei singoli alimenti presi da soli. Ecco perché è importante seguire una dieta sana e varia, che possa garantire l'apporto dei nutrienti benefici per il cervello. Per esempio, la dieta Mediterranea e la dieta DASH sono risultate capaci di contrastare la neuroinfiammazione (McGrattan et al, Curr Nutr Rep, 2019). La dieta Mediterranea è caratterizzata da un elevato apporto di frutta, verdura, cereali integrali, noci e legumi, da un apporto moderato di pesce, carni bianche e bevande alcoliche, e da un basso apporto di carne rosse e lavorata. La fonte principale dei grassi nella dieta Mediterranea è data dall'olio evo. La dieta DASH, elaborata per contrastare l'ipertensione, è caratterizzata da un elevato apporto di frutta, verdura, cereali integrali e frutta secca, non prevede il consumo di bevande alcoliche e pone molta enfasi al fatto di preferire alimenti a basso contenuto di grassi e di sodio. Invece, la dieta di tipo occidentale, ricca di zuccheri e cereali raffinati, è pro infiammatoria, stimolando il rilascio di sostanze che scatenano l'infiammazione e la rendono cronica. Non solo, la dieta di tipo occidentale può causare alterazioni a livello del microbiota, che a sua volta può indurre la neuroinfiammazione (Wieckowska-Gacek et al, Ageing Research Reviews). Anche una dieta ricca di grassi, come il lardo, oltre che causare sovrappeso, può aumentare la neuroinfiammazione e peggiorare la funzionalità cognitiva (Pistell et al, J Neuroimmunol., 2010).