Il suo nome è Aspalathus linearis e forse questo termine può dirci poco, ma dalle foglie di questa pianta della famiglia delle leguminose e originaria del Sudafrica si ricava un infuso molto conosciuto, il rooibos! Il rooibos è una bevanda che, al giorno d'oggi, è diffusa in tutto il mondo. La sua fama si deve al fatto che il rooibos è privo di caffeina, a differenza di altri tipi di tè, ed è una preziosa fonte di sostanze benefiche per la salute. Il rooibos si può presentare sia in forma fermentata, il classico rooibos rosso, che non fermentata, e in questo caso si parla di rooibos verde. Oggi parliamo delle proprietà del rooibos, sia fermentato che non, basandoci sulle più recenti e interessanti ricerche scientifiche.
Tè rooibos dall'azione antiossidante e antidiabetica
Sia che il rooibos sia fermentato oppure no, il suo infuso è caratterizzato da un profilo unico di antiossidanti, tra cui spicca diidrocalcone aspalatina (Lima et al, Foods, 2022). Questa sostanza, in particolare, ha mostrato di giocare un ruolo protettivo in caso di diabete tipo 2, migliorando la resistenza all'insulina e aumentando l'utilizzo del glucosio da parte dei muscoli, contribuendo così a tenere sotto controllo i livelli di glicemia (Muller et al, Int J Mol Sci, 2022). Va sottolineato che, comunque, la variante non fermentata del tè rooibos presenta un maggiore contenuto in antiossidanti con un apporto di 50 volte maggiore di aspalatina (Pretorius et al, Pharmaceuticals, 2022).
Tè rooibos per il cuore
L'assunzione regolare di rooibos ha un effetto protettivo sul cuore. Infatti, questo infuso, oltre a tenere sotto controllo la glicemia, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, aiuta anche a ridurre i valori di colesterolo e risulta antipertensivo (Bednarska et al, Int J Mol Sci, 2022).
Tè rooibos e infiammazioni intestinali
Il tè rooibos, sia nella sua variante fermentata che non, ha mostrato un'importante azione prebiotica, capace di supportare la proliferazione dei batteri intestinali buoni. Questa proprietà permette al tè rooibos di svolgere un'azione calmante, antinfiammatoria ed antispasmodica in caso di infiammazioni intestinali (Pretorius et al, J Ethnopharmacol, 2022).
Tè rooibos dall'azione neuroprotettiva e ansiolitica
Il tè rooibos, soprattutto nella versione non fermentata, apporta importanti antiossidanti che si sono rivelati utili a proteggere i neuroni dai danni dei radicali liberi e della neuroinfiammazione e a migliorare la trasmissione tra neuroni (Pretorius et al, Pharmaceuticals, 2022). Pertanto, il rooibos si considera un ulteriore alleato nella lotta alle neurodegenerazioni (Pyrzanowska et al, Nutr Neurosci, 2022). Poi, il tè rooibos è ritenuto anche un alleato per contrastare ansia e stress, data l'azione ansiolitica. Al momento, l'azione ansiolitica è stata dimostrata solo per la variante non fermentata del rooibos (Lopez et al, Food Funct, 2022).
Tè rooibos e sistema immunitario
Il rooibos supporta il sistema immunitario. Infatti, studi hanno dimostrato l'azione antivirale di questo tè e la sua capacità di inibire diversi gruppi di virus come quelli dell'influenza (Abdoul et al, J Funct Foods, 2021). In più, il rooibos è antinfiammatorio e aiuta a ridurre l'infiammazione cronica, che indebolisce il sistema immunitario (Abdoul et al, J Funct Foods, 2021).
Tè rooibos, come si prepara e avvertenze
Porta ad ebollizione una tazza di acqua, togli dal fuoco e aggiungi un cucchiaino di rooibos essiccato, lo trovi in erboristeria e negozi specializzati. Lascia in infusione per dieci minuti, quindi filtra e bevi. Dieci minuti di infusione sono il tempo considerato necessario per estrarre la quantità maggiore di antiossidanti (Piek et al, Health SA, 2019). Il tè rooibos, assunto sotto forma di tisana, è ritenuto generalmente sicuro. Tuttavia, se stai assumendo farmaci e intendi assumere regolarmente il rooibos, chiedi consiglio al tuo medico per escludere eventuali interazioni con farmaci in uso. Studi scientifici, infatti, riportano una possibile interazione con alcuni farmaci, come quelli utilizzati nel diabete tipo 2, quali i tiazolidindioni e le sulfaniluree, ma anche le statine utilizzate in caso di ipercolesterolemia (Patel et al, Molecules, 2016).